Pare che Siculi e Sicani abbiano per primi abitato l’isola, ma nulla si sa della loro alimentazione. A quel tempo, d’altronde, mangiare significava esclusivamente nutrirsi, sostentarsi.
Ed i compiti, in famiglia, erano ben distinti: alle donne la raccolta di verdure, radici, bacche, miele e qualche frutto agli uomini il compito di cacciare.
E non si mangiava certo tutti i giorni: solo se e quando si trovava qualcosa da addentare!
L’agricoltura nacque circa 10.000 anni prima di Cristo,molto più tardi l’allevamento: nel 7000 a.C infatti fu addomesticato e allevato il maiale e soltanto mille anni più tardi , si cominciarono ad allevare i bovini.
All’inizio la carne veniva tagliata a strisce e messa ad asciugare o essiccare su tralicci di legno, poi con la scoperta del fuoco si poté cuocere il cibo e la carne diventò più tenera da masticare e più gustosa.
Ed anche certi legumi o semi , fino ad allora schiacciati tra due pietre, sembrarono migliori se tostati. Chissà che non derivi da allora la nostra abitudine, tutta siciliana, di sgranocchiare ceci tostati e semi di zucca asciugati al sole. Un vero e proprio passatempo, quasi un hobby, che coinvolge la bocca, lasciando le mani libere di gesticolare.
Pare che l’orzo sia stato il primo cereale ad essere coltivato e la tostatura si rivelò indispensabile per facilitarne la decorticatura; macinandolo si otteneva una farina che, bollita in acqua e sale , garantiva un nutrimento di sostanza.
Con l’arrivo, o con la scoperta del grano, invece, succede la vera rivoluzione in campo alimentare: era più nutriente , bastava mangiarne meno, per rimanere molto più sazi.
Il Mito ha un posto d’onore nella storia dell’alimentazione. Quando gli ateniesi dovettero scegliere a chi dedicare un tempio sull’Acropoli, decisero che l’onore sarebbe toccato al dio che avesse portato il bene più prezioso per tutta la città: vinse Atena, che dalla terra fece spuntare una piantina di ulivo, simbolo di pace e ricchezza.
Non c’è da stupirsi se, per i popoli della Magna Grecia, l’olivo fu sempre considerato pianta sacra;il suo sradicamento era vietato e punito molto severamente, fino all’esilio perpetuo.
Dalle olive si estrae l’olio, base della cucina mediterranea, ma anche balsamo per lenire ferite e ustioni, ottimo rimedio per frizionare eczemi ed escoriazioni, oltre che lassativo eccellente; in pratica una vera panacea.
Lo sapevano già i Sumeri che avevano utilizzato l’olio d’oliva, balsamo di lusso, anche per fini cosmetici, delicato detergente per le signore ,quando ancora non era stato inventato il sapone.
E’ pure pianta di pace: “Ed essa tornò a lui sulla sera, portando in bocca un ramoscello di olivo con verdi foglie” (Genesi VIII, 11). In assoluto, la più antica menzione dell’olivo: Dio stipula così la pace con gli uomini che aveva punito con il Diluvio Universale.
Per gli storici, l’olivo arrivò in Sicilia portato dai Fenici e dai Greci che, per primi, avevano già addomesticato l’olivastro che con il fico diventò il simbolo della Sicilia e, fino ad oggi, è sempre stato oggetto di cure attente ed amorevoli. E lo sanno bene i nostri contadini che hanno chiamato ogni varietà con dolcissimi nomi femminili: “nuciddàra”, “bianculidda”, “ogghiarola”, “carbucìa”… Le olive in salamoia resteranno sempre una tradizione siciliana: intere o senza nocciolo, e servite con un pò d’aceto. Secondo Gaetano Basile anche il famoso “paté” di olive era già conosciuto in quell’epoca, anche se per averne notizie certe bisognerà attendere lo scrittore latino Columella che, nella sua opera “ De re rustica”, nel I sec. d.C., parla della “samsa” siciliana: un pesto di olive aromatizzato e salato. Poi il termine ha preso a indicare i residui di spremitura dell’olio:l’odierna sansa.
Fonte: La cucina siciliana dai Sicani agli arabi: 10.000 anni a tavola fra mito e storia