L’arancino alla messinese è il cibo di strada messinese frutto delle varie dominazioni che la città di Messina ha subito nei secoli. In esso si possono riconoscere le seguenti influenze: quella araba, per aver fornito il riso e lo zafferano; la francese per il ragù; la spagnola per il pomodoro che è stato importato dall’America; e, prima ancora, la dominazione greca col canestrato fresco, il tenero formaggio fresco che, a dadini, sarà frammisto al ragù nella farcia.
L’origine di questa bontà non è databile con certezza né si può identificare il cuoco che l’ha concepita. Si tratta, infatti, di un cibo popolare, che ha subito nel corso dei secoli tanti e tali di quei cambiamenti che le varie versioni sfumano di seguito l’una nell’altra: nessuno in sostanza ha inventato l’arancino.
Certo è che l’introduzione al consumo del riso speziato ed aromatizzato con lo zafferano lo si deve agli arabi (quale debito di riconoscenza “gastronomica” ha la terra sicula verso questi dominatori…), pare che fu l’emiro Ibn at Timnah ad inventare il timballo di riso, da qui il passo verso le monoporzioni di riso condito fu breve, poi giunse il ripieno di pezzetti di carne, il pomodoro, che doveva ancora arrivare dall’America si aggiunse solo in epoca successiva, la panatura invece pare risalga al periodo di Federico II, il ragù (o ragout) ha radici francesi.
L’arancino alla messinese ha la forma a cono e si tiene dalla punta per impedire, quando si mangia,
che il riso cada a terra o addosso. La forma rappresenterebbe la “Montagna” della Sicilia orientale, il vulcano Etna.